Un paio di grossi nomi, ambienti raffinati, un po’ fiaba un po’ lezione di vita. E con De Niro “stagista” il cocktail è perfetto

Lo-stagista-inaspettato-770x285.png(di Marisa Marzelli) Lo stagista inaspettato è un film rassicurante, piacevolmente innocuo, che si rivolge principalmente ad un pubblico femminile e di anziani. Sceneggiatrice, regista e coproduttrice è la 65enne Nancy Meyers, autrice specializzata nel genere commedia sentimentale, capace di moltiplicare gli incassi di opere dal budget non troppo elevato. Sono sue alcune commedie non volgari e non troppo graffianti come L’amore non va in vacanza, È complicato, What Women Want – Quello  che le donne vogliono e Tutto può succedere. Ingredienti indispensabili, almeno un paio di attori famosi e un’ambientazione raffinata. Di solito c’è una storia sentimentale, in questo caso lasciata in secondo piano a favore di un’amicizia solida e costruttiva tra generazioni diverse.
Ben (Robert De Niro) è un pensionato vedovo, in forma, benestante e un po’ annoiato perché gli manca qualcosa d’importante con cui occupare il tempo. Venuto a conoscenza di un’azienda che offre lavoro a stagisti senior, fa un colloquio e viene assunto. Si trova in una ditta di abbigliamento da vendere on-line, accanto ad impiegati giovanissimi, in scarpe da tennis e abilissimi nello smanettare al computer ma poco esperti di vita e con una manager ultra-efficiente, fondatrice di quel marchio di successo (Anne Hathaway). Lui invece si presenta in completo scuro, con la 24 ore e non è su Facebook. Ma non sarà scontro di mentalità, piuttosto proficuo confronto, dove la saggezza dell’esperienza molto insegna e qualcosa apprende. Assegnato come assistente personale alla donna in carriera, riesce persino a farla riavvicinare al marito, che la tradisce perché lei si dedica troppo al lavoro. Per evitare non voluti fraintendimenti sentimentali tra la giovane dirigente e il maturo stagista, la sceneggiatura trova una partner, piacevole ma attempata (la spiritosa Rene Russo), per De Niro.
Con due protagonisti di peso – De Niro dall’alto della sua filmografia galattica e tenuto a freno dalle derive comiche degli ultimi anni e la Hathaway che ribalta il ruolo di stagista in Il diavolo veste Prada diventando qui “il boss” – e a fare da sfondo una New York elegantemente fotografata e un po’ di maniera, la Meyers naviga tranquilla nel politicamente corretto e nei buoni sentimenti intergenerazionali. A metà tra la fiaba (De Niro come una Mary Poppins aziendale) e la lezione di vita per tutte le età. La regia può persino prendersi il lusso di citare Gene Kelly in Cantando sotto la pioggia. I cliché bei tempi andati del cinema hollywoodiano resistono ancora oggi. Con buona pace dei (veri) colletti bianchi stressati dall’eccessiva competitività e di quegli anziani che non si annoiano giocando a golf, perché in vita loro non hanno mai visto un campo da golf.