
Un suggestivo scorcio della scena, al Teatro dell’Arte, durante le prove di “L’uomo seme”, con Sonia Bergamasco.
MILANO, mercoledì 17 gennaio ► (di Emanuela Dini) Una lettera, un testamento da aprire quasi cinquant’anni dopo la morte, un racconto struggente, lucido e amaro di una realtà di guerra, solitudine e disperazione.
Ma anche un inno alla vita, alla solidarietà femminile, quella vera, dettata dalla necessità e da progetti comuni, la forza ancestrale della procreazione, la determinazione invincibile di ripristinare il quotidiano, di dare un futuro a un villaggio sterminato dalla sparizione di tutti gli uomini, partiti e morti in battaglia.
Tutto questo, ma anche molto di più, è “L’uomo seme”, ideato e diretto da Sonia Bergamasco, tratto dal racconto omonimo di Violette Ailhaud, e in scena al Teatro dell’Arte della Triennale.
Nel suo memoriale Violette Ailhaud, ottuagenaria, ritorna ai suoi sedici anni, quando la guerra e le rivolte avevano devastato il suo villaggio e spazzato via tutti gli uomini. E le donne, che si erano ben presto attrezzate ad affrontare i lavori maschili e anche a sparare, avevano stretto un patto: il primo uomo che fosse arrivato nel villaggio sarebbe stato l’uomo di tutte. Senza amore, ma solo con la funzione di “uomo seme”, per permettere la procreazione e garantire la prosecuzione della specie.
Così succede.
E il racconto prende vita su un palco dove accadono molte cose, delicate e poetiche, dolci e furiose, con una serie di trovate sceniche, registiche, strutturali che finalmente fanno godere un teatro a tutto tondo, fatto di recitazione, movimenti, musiche, canti, scenografie, costumi e luci e creano quella “grande magia” difficile da descrivere a parole e che, per godersela, bisogna sedersi in platea.
Una scena pulita, dominata da una grande scultura-albero che prende vita, muove i rami e accoglie nel suo tronco-grembo le donne del villaggio; un quartetto di donne – le Faraualla, gruppo vocale pugliese – che canta, mormora, prega, suona e fa da commento a tutta la vicenda, coro di saggezza e profonda empatia; l’uomo seme – Rodolfo Rossi, musicista e percussionista – che arriva camminando piano e crea suoni incredibili toccando una lastra di metallo, agitando un contenitore pieno di semi, sfiorando con le mani un tamburo quadrato in una scena di seduzione tra le più caste e travolgenti mai viste su un palcoscenico; una narratrice – Sonia Bergamasco, sempre più brava – che da composta signorina in abiti severi si trasforma man mano in donna appassionata; un gioco di luci magistrale – create da Cesare Accetta – che dipinge la scena di mille tonalità, racconta il giorno e la notte, la guerra e l’amore, la campagna e l’alcova.
Un’ora e 15 di spettacolo che scorre in totale armonia, applausi convinti e meritatissimi.
“L’UOMO SEME”. Racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco. Tratto da “L’uomo seme” di Violette Ailhaud, con Sonia Bergamasco, Rodolfo Rossi, le Faraualla (Loredana Savino, Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone,Teresa Vallarella). Luci di Cesare Accetta Scene. Costumi di Barbara Petrecca. Al Teatro dell’Arte – Triennale, Viale Alemagna 6, Milano. Fino a domenica 21 gennaio.