Una cena di sorrisi e di veleni. Commedia dell’ipocrisia. Quando il savoir vivre impone di non dire ciò che si pensa

Emilio Solfrizzi e Paola Minaccioni

MILANO, venerdì 12 ottobre (di Paolo A. Paganini) È il momento di Florian Zeller, trentanovenne fenomeno francese di successo in diversi campi, cinema, teatro, letteratura, con un ricco medagliere di premi, riconoscimenti e decorazioni sul campo.
Più avanti, vedremo “Il padre”, un suo dramma sull’alzheimer, con Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere.
Intanto, è in scena al Manzoni “A testa in giù”, che potremmo spiegare con uno sbrigativo “tutto al contrario”, oppure “tutto rovesciato”, o ancora “il lato nascosto del teatro”, come recita il sottotitolo: “L’envers du décor”. Cioè una commedia (“impossible”), con qualche assonanza boulevardière, tutta giocata fra il “dentro” e il “fuori”, cioè sui reali e nascosti pensieri dei personaggi, qui teatralmente espressi, e, viceversa, sul comportarsi da persone civili, tacendo civilmente l’inconfessabile. Commedia, dunque, sull’ipocrisia. Com’è la commedia della vita, quando si pensa in un modo e ci si comporta in un altro. È il savoir vivre, no? Come quando, a scuola, si diceva a un genitore: “Eh, il ragazzo è intelligente, ma potrebbe fare di più”. Che nel sottocodice voleva magari dire: suo figlio è un cretino!
Drammaturgicamente, dunque, è una commedia a due piani. C’è il piano dei pensieri personali, chiariti al pubblico come un ideale fumetto, o come una seduta psicoanalitica, scavando nel non detto, nell’inconscio; e c’è il piano dell’espressione, quello cioè che le due coppie in scena si dicono in una drammatica e disastrosa cena di sorrisi e di veleni.
Il motore sta tutto in un iniziale pensiero dominante, che scatenerà tutti gli altri. Come dire, cioè, alla propria moglie – udite udite – che s’è invitato a cena un vecchio amico. Ma, ahimè, è accompagnato dalla sua nuova giovanissima compagna, entrata nella sua vita con la fragranza di una prorompente bellezza dalle molte curve. Per lei ha lasciato, dopo vent’anni, la legittima consorte e se n’è involato verso nuovi lidi d’avventurosi piaceri. In tutti i sensi.
Ma la coppia ospitante, moralistica e perbenista, non accetta il loro libero e felice amore. Anche se formalmente tutto diventa una festa di sorrisi e di complimenti, specie in un glorioso finale di abbracci e nonostante la palese e intrattenibile ostilità della padrona di casa. Tutto qua.
Per strani percorsi associativi, trattandosi d’un francese, si potrebbe parlare, con un po’ di fantasia, dell’antinomia tra l’en soi e il pour soi di Sartre, cioè, in senso allargato, fra la vita inanimata delle cose e la vita interiore, la coscienza di sé.
O, per stare a casa nostra, si potrebbe pensare al gaudioso “filosofeggiare” moraviano, di Io e Lui. Dove per Lui s’intende l’ingombrante coso fra le gambe, quasi sempre d’intralcio ai nostri sogni più alti e spirituali (anche film godereccio di Salce, 1973).
Qui, dunque, al Manzoni, “A testa in giù” (un’ora e dieci il primo tempo, cinquanta minuti il secondo), in questo concerto a quattro, con i palesati pensieri di ciascuno e detti salottieramente al contrario, il canovaccio drammaturgico è un impalpabile fatto di niente. Ma questa specie di spumeggiante teatro da camera, tutto cioè di parola, è dotato d’intelligenza e di finezze comiche. E allora si perdona tutto. L’esprit français è sempre gioiosamente godereccio, specie quando fa ancora finta di essere nella belle époque o quando parte per la tangente del boulevard. Anche se poi, ad analizzare il tutto, si scopre che non va oltre una cabarettistica vocazione al varieté, con tanto di “spalla”, porgitrice di battute, e relativi sketch, molto sobri, in verità (la politesse s’impone sempre).
A vantaggio di questo piacevole e frizzante testo, con tante bollicine e fuochi d’artificio, c’ è la recitazione ineccepibile di Emilio Solfrizzi (Daniel), il padrone di casa, un impacciato marito che si fa tappeto davanti alla moglie, che è Paola Minaccioni, una incombente e terrorizzante insegnante. E poi i due ospiti che vivono nel peccato, Bruno Armando (felice peccatore) e Viviana Altieri, un bigné tutto crema e simpatia.
Serata inaugurale del Manzoni in un caloroso consenso di applausi e di risate (superando senza tanti problemi un andamento talvolta stucchevole del giochino drammaturgico).

A TESTA IN GIÙ (L’envers du décor), di Florian Zeller, regia di Gioele Dix. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano. Repliche fino al 28 ottobre.

Trackbacks

  1. […] SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ETÀ (Francia 2018) Commedia. 84 min. Regia Daniel Auteuil. Con Sandrine Kiberlain, Adriana Ugarte, Gérard Depardieu, Daniel Auteuil ● Trasposizione cinematografica della commedia attualmente in scena al Teatro Manzoni di Milano (vedi qui)… […]