(di Andrea Bisicchia) Per anni, gli storici del teatro, si sono occupati della regia, partendo dalla fine dell’Ottocento per arrivare a Brecht, tanto che l’argomento vanta una vastissima bibliografia. Poi arrivò Claudio Meldolesi che, con quello che ormai è considerato un classico: “Fondamenti del teatro italiano, la generazione dei registi”, Sansoni, 1984, estese le sue ricerche verso la generazione del dopoguerra, da Visconti a Strehler, a Squarzina, a De Bosio, per arrivare a Trionfo e a Cecchi, evitando ogni riferimento ai registi dell’Avanguardia “in quanto anormalità scardinatrice”.
Nel 2005, il Patalogo, n.28, a cura di Franco Quadri e Renata Molinari, aprì un ampio dibattito su “Il ruolo della regia negli anni Duemila”, con l’intervento di registi e critici militanti. Nel 2009, la Rivista Biblioteca Teatrale, n. 28, dedicò parecchio spazio ai “Modi della regia nel nuovo millennio”, dove furono teorizzate delle formule, riprese da Marco De Marinis e Lorenzo Mango, nei loro interventi nel testo miscellanio, dedicato a Luca Ronconi, a cura di Claudio Longhi, “La regia in Italia, oggi”.
Il volume non è un trattato sulla regia contemporanea, bensì contiene una serie di considerazioni di carattere teoretico, ma anche pratico, necessarie per capire la trasmutazione genetica che è avvenuta, nel terzo millennio, della regia in campo nazionale e internazionale.
De Marinis parte non solo dalle sue ricerche, ma anche dai lavori di Mirella Schino sulla regia concepita come lavoro laboratoriale (2009), e di Annalisa Sacchi sulle estetiche della regia teatrale nell’epoca del modernismo, (2012). Il suo saggio, pertanto, non è solo di carattere teoretico, ma anche pragmatico, perché non disdegna l’apporto di critici che hanno affrontato un simile problema, come Franco Quadri e Franco Cordelli, veri e propri attivisti della scena teatrale, non solo italiana, avendo, il primo, esteso il concetto di regia critica a quello di regia al servizio della scena, e avendo, il secondo, prospettato l’idea di un “declino della regia” come si evince dalle sue recensioni raccolte nel volume omonimo. De Marinis sottolinea la perdita di centralità della regia a vantaggio della Drammaturgia, oltre che del lavoro collettivo, perdita dovuta anche alla svolta performativa, tanto da poter parlare di “Post-regia” e di “Super-regia”, nel caso di Castellucci. Questo cambiamento ha avuto ripercussioni anche nell’operato dell’attore diventato sempre più performativo, a cui si chiede di non più recitare, ma di articolare il testo, evitando emotività, ma, soprattutto, certe “ turbolenze” performative.
Anche Lorenzo Mango propone alcune varianti, teorizzando una regia in continua trasformazione, soffermandosi sul lavoro registico di Castellucci, Corsetti, Martone, Tiezzi, Nekrosius, Wilson, Hermanis, fino a menzionare quello sperimentale di Goebbels, dei Rimini Protokoll e di Studio Azzurro.
Nel volume, oltre agli interventi sulla regia nel teatro d’Opera, e a quelli di registi contemporanei, è singolare il saggio di Laura Mariani sulla regia al femminile, dove l’autrice tralascia le figure storiche di Mina Mezzadri, neanche citata, e di Andrée Ruth Shammah, che pur conosce, per dedicare la sua attenzione a tre giovani registe come Emma Dante, Laura Angiulli e Serena Sinigaglia.
Claudio Longhi (a cura di), “La regia in Italia, oggi”, edito da La Casa Usher 2017, pp 300, € 15.50