Una speranza di “Felicità” (nascosta in una “Sedia”) nell’ultimo messaggio di Carlo Mazzacurati

I protagonisti di “La sedia della felicità”: un tenero messaggio di speranza e di ottimismo di Carlo Mazzacurati, scomparso il 22 gennaio scorso a 58 anni

I protagonisti di “La sedia della felicità”: un tenero messaggio di speranza e di ottimismo di Carlo Mazzacurati, scomparso il 22 gennaio scorso a 58 anni

(di Paolo Calcagno) Le piccole storie dei film di Carlo Mazzacurati sono regali preziosi per la conoscenza e per la prova delle emozioni. L’ho amato da subito con il noir “Notte Italiana” e quando l’ho incontrato di persona per “L’Estate di Davide”, proiettato in “anteprima” a un’anomala e critica “Antenna/Cinema”, trasferitasi da Conegliano a Padova. Fu un giorno particolarmente fortunato grazie alle scelte, sempre acute, di Giorgio Gosetti e Carlo Di Carlo: dopo l’incontro del pomeriggio con Mazzacurati e il suo Cinema, anche la sera fu lieta e vibrante con i monologhi di un altro veneto di alto valore, Marco Paolini. Ricordo che il giorno dopo passeggiare per le strade di Padova non era più soltanto piacevole per le scoperte delle sue bellezze straordinarie, ma si arricchì di un’intimità profonda, come se fossimo parte di quel paesaggio umano, non sempre facilmente accessibile.
Carlo Mazzacurati è scomparso lo scorso 22 gennaio, a 58 anni, e non starò qui a farne un tardivo “coccodrillo”. L’uscita del suo ultimo film “La Sedia della Felicità” è, però, un’occasione per ricordare, sia pure brevemente, quanto è contato il talento dello sceneggiatore e regista (anche di documentari di ampio respiro) che ha raccontato la provincia del Nord-Est con affetto, ironia, e persino con qualche ira fustigatoria, per consolidare il nostro amore per il Cinema. E quanto ci mancherà.
Il Leone d’Argento per la regia, conquistato a Venezia con “Il Toro”, e le sue fortunate collaborazioni con registi tanto diversi da lui, per formazione, stile, tematiche, quali Gabriele Salvatores, Neri Parenti, Daniele Luchetti, e Nanni Moretti (compare in ben quattro suoi film), sottolineano compiutamente il livello di qualità espresso da Mazzacurati, la sua capacità di dialogo e la sua agilità nel muoversi fra i quattro angoli della gioia, leggerezza, curiosità, critica sociale, della nostra commedia. Gioia e leggerezza, intinte nelle sfumature cromatiche del surreale e del grottesco, compongono il quadro de “la Sedia della Felicità”, di cui sono protagonisti tre personaggi stralunati, quanto audaci e risoluti a vivere fino in fondo l’avventura che ha per traguardo il riscatto delle loro esistenze marginali: un tatuatore romano (Valerio Mastandrea), un’estetista siciliana (Isabella Ragonese) e un misterioso prete (Giuseppe Battiston), prima rivali e poi alleati nella ricerca del favoloso tesoro nascosto in una sedia. Inseguimenti, equivoci, colpi di scena, farciscono il divertimento dell’incontro dei nostri “eroi” con i riluttanti proprietari delle sedie tanto inseguite, interpretati in irresistibili “camei” dagli attori più amati da Mazzacurati: Fabrizio Bentivoglio, Antonio Albanese, Silvio Orlando, Katia Ricciarelli, Roberto Citran, Raul Cremona, Marco Marzocca, Milena Vukotic.
Alternato a inquadrature di vette innevate, Mazzacurati dipinge il suo sgangherato paesaggio umano di perdenti virato sul “giallo” comico, fra maghi cialtroni, montanari pittori, impiegate ninfomani, conduttori di aste-tv, pescivendoli incazzati. Tratto da una novella russa, che ha già conosciuto decine di versioni cinematografiche, fra cui “Una su 13” (1969), Nicolas Gessner e Luciano Lucignani, con Vittorio Gassman, Vittorio De Sica, Orson Welles, Sharon Tate, e “Il Mistero delle 12 Sedie” (1970), di Mel Brooks. La storia del racconto incomincia con uno zio morente che confida al nipote di aver infilato dei diamanti nell’imbottitura di una delle 13 sedie che possedeva, prima che gli venissero confiscate e vendute all’asta. Il giovane con l’aiuto di un poco di buono e di un pope avido si mette a caccia del tesoro. Nel film di Mazzacurati, a confidare il segreto è la rantolante Katia Ricciarelli all’estetista Isabella Aragonese che, a sua volta, ne parla al tatuatore Valerio Mastandrea. Inganni, sotterfugi, alleanze, e persino l’amore, sono sparsi nella “caccia al tesoro” degli eccellenti interpreti della coppia di imbranati protagonisti, affiancata dallo scaltro prete dell’ottimo Giuseppe Battiston.
Il tesoro che allevierà le pene esistenziali dei protagonisti del film provocando contagiose esplosioni di allegria, i vari mestieri dei numerosi personaggi, sono l’ultimo messaggio dello scomparso regista a un’Italia che va scomparendo, sull’orlo di una crisi finanziaria, certo, ma anche d’identità. Un’Italia alla quale Mazzacurati augura il lieto fine del ritrovamento del suo “tesoro”, come ha scritto nelle sue note di regia: “Avevo il desiderio di narrare una storia in tono comico, senza però perdere realismo né verità. Volevo anche che l’umanità di questo racconto emergesse a volte attraverso le forme del grottesco, a volte in toni più lirici, ma la cosa che più mi stava a cuore era di riuscire a tenere insieme il senso di catastrofe, in cui sembra che tutti stiamo cadendo, con l’energia e la voglia di riscatto che nonostante tutto si sente nell’aria”.
“La Sedia della Felicità”, di Carlo Mazzacurati, con Isabella Aragonese, Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston. Italia 2013.