Undici ragazzini indiziati della violenza e dell’uccisione d’una giovane maestrina. Ma la soluzione sembra troppo facile

MILANO, venerdì 12 gennaio (di Paolo A. Paganini) Non era un’atmosfera gioiosa quella che gravava cinquant’anni fa su una Milano cupa tetra nebbiosa minacciosa. Ma la violenza del ’68 non era quella che sarebbe esplosa, di lì a poco, negli anni Settanta, con più ferocia, tra sangue e attentati.
Nel ’68, sentii uno straniero commentare, di fronte a due schieramenti di dimostranti di opposta bandiera, che si muovevano, uno da San Babila per Corso Europa verso il Verziere, l’altro in senso contrario: “Oddio, adesso scorrerà il sangue!”. “Macché, fanno finta. Gli italiani odiano il sangue”, soggiunse un altro. E, in realtà, tutto si risolse con slogan e con un paio di bombe-carta lanciate sotto i portici. E via andare.
Pensavo a quel lontano episodio, vedendo, ora, al Franco Parenti, “I ragazzi del massacro”, tratto dall’omonimo romanzo di Scerbanenco (1911-1969), che faceva parte dei quattro romanzi noir dedicati alla Milano violenta, con, al centro dei quattro casi, il medico-investigatore Duca Lamberti (“Venere privata” 1966, “Traditori di tutti” ’66, “I ragazzi del massacro” 1968, “I milanesi ammazzano il sabato” 1969).
Scatenate bande di criminali, una società borghese e “perbene”, che non disdegna lucrosi trafici criminali, una polizia, dura e spregiudicata, che va per le spicce, anche oltre i limiti, per risolvere i vari casi, fanno da sfondo ai quattro romanzi, dai quali sono stati tratti film e trasposizioni televisive.
Ed ora anche la versione teatrale dei “Ragazzi del massacro”, per i quali sangue e violenza sembrano essere i generalizzati ingredienti quotidiani di una spietata cronaca milanese. Teniamoli per buoni, anche perché Scerbanenco, inventore del noir italiano, ha bisogno di pigiare su una realtà esasperata, anche se talvolta sferra qualche poderoso pugno nello stomaco, inaspettato, brutale eppure pietoso per le vittime dei crimini e talvolta per i giovani criminali spesso vittime dell’ignoranza, o della società. Ma il discorso politico non manca in Scerbanenco.
La storia. Nell’aula di una scuola serale viene trovato il cadavere di una giovane donna, completamente nuda e massacrata di botte, con i suoi abiti sparsi dappertutto. La vittima è una fragile e delicata signorina della piccola borghesia dell’Alta Italia, “insegnante di varie materie e anche di buona educazione”.
L’evidenza porta subito all’individuazione dei colpevoli: undici ragazzi minorenni, alterati dall’anice. Questi avrebbero violentato e ucciso di botte la giovane donna, così, per gioco, senza apparenti motivi. La polizia sbrigativamente vuol chiudere il caso. Che diamine, sono tutti colpevoli, è evidente, tutti da condannare, e che finiscano a marcire al Beccaria. Ma Duca Alamberti non ne è convinto. Troppo facile la soluzione. Vuole andare avanti. Sospetta che dietro ci sia un adulto, e prosegue nelle indagini, contro il parere del commissario anziano. Con pazienza, un po’ alla volta, accompagnato da una giovane – e amata – collaboratrice, andando per periferie ed equivoche abitazioni, incontrando madri disperate e prostitute sfiorite, interrogando i reticenti alunni, che si dichiarano tutti innocenti, viene fuori la verità.
Che è molto più tragica e sconvolgente di quanto s’immagini.
Orbene, tutti questi personaggi, che danno vita, in un’ora e venti, a questo avvincente noir: poliziotti, prostitute, magnaccia, ragazzi, madri e commissari, sono interpretati solo da tre attori, Stefano Annoni, Diego Paul Galtieri e Federica Gelosa. Talvolta il filo del discorso s’ingarbuglia per sovrapposizione di ruoli, il linguaggio talora si fa anche più sporco del dovuto, il racconto avrebbe dovuto avere un più lungo ed articolato tempo d’azione, eppure, nonostante l’esiguità dei mezzi, della ristrettezza del luogo scenico e di un intimistico andamento da teatro da camera, lo spettacolo avvince, funziona e convince. Con giusto merito dei tre affiatati attori. Che dimostrano, ancora una volta, come il teatro possa funzionare anche nella limitatezza dei mezzi. Quando ci sono passione e intelligenza.
Grande partecipazione di applausi e simpatia.

Repliche fino al 24 gennaio.

www.teatrofrancoparenti.it