Un’esile, evanescente commedia, ma con quattro attrici (Benedicta Boccoli in testa) in straordinario stato di grazia

Crimini del cuore 12MILANO, sabato 25 aprile   
(di Paolo A. Paganini) Di “Crimini del cuore” uscì, nel 1986, una versione cinematografica che Bruce Beresford ricavò dalla pièce teatrale di Beth Henley (che già aveva le meritato un prestigioso Pulitzer nel 1981). Il film fu mediocre, della commedia non sappiamo. Allora, quando uscì, Morando Morandini dedicò alla pellicola un giudizio tra l’elogio e la serena stroncatura: “Badare alla sostanza o apprezzare la confezione? Nel primo caso prevale l’irritazione, nel secondo l’ammirazione”. L’irritazione si riferiva ovviamente al testo; l’ammirazione a tre strepitose interpreti, tutte nominate da Oscar, Diane Keaton, Jessica Lange, Sissy Spacer.
Non prenderemo di peso il film e il giudizio per parlare, ora, del primigenio ritorno al teatro di “Crimini del cuore”, ma qualche prudente traslato potrebbe essere ancora pertinente, e, riferendoci al testo, risulta qua e là decisamente fastidioso, presuntuoso, talvolta banale, scontato.
È la storia d’una annoiata ed inquieta signora riccamente accasata, che spara al marito, un importante senatore, perché non ne poteva più (riesce solo a bucargli lo stomaco). Rilasciata su cauzione, ripara nella vecchia casa di una sorella vagamente svitata e vergine di ferro (o quasi) che dedicò la vita al vecchio nonno, probabilmente anche lui un po’ fuori di testa e ora all’ospedale con un piede più di là che di qua. Arriva nella vecchia magione della loro infanzia anche l’altra sorella, cantante e attrice fallita, che però, in fatto di uomini, non s’è fatto mancare nulla. E, dato che ci siamo, ma sì, vogliamoci rovinare, aggiungiamo anche un’acida cugina, odiosa come la fame. A questo eterogeneo poker di femmine s’intrufoleranno un giovane avvocato di perspicace patrocinio e un vecchio amore della cantante, che ora, pur con moglie e figli, non rinuncia a una toccata e fuga con la non dimenticata fiamma.
Fine. E dopo? Dopo, niente. È solo il pretesto per una bislacca riunione di famiglia, tra buoni sentimenti, partecipi espressioni di solidarietà, ricordi e nostalgie del passato, qualche vecchio rancore difficile da mandare giù, uno sgangherato tentativo di suicidio (alla madre, anni prima, era riuscito) e, tutto sommato, l’irrinunciabile piacere di ritrovarsi in famiglia tra sprazzi d’ombre e consolanti lampi di felicità.
Orbene, diciamo subito che l’opera della Henley, tra il dramma e la commedia, vorrebbe possedere, del dramma, certe corrusche ossessioni di malessere in famiglia, per la famiglia, maledetta famiglia, un po’ alla Tennessee Williams con qualche tenebrosa spruzzata alla Faulkner, senza avere l’angoscioso rigore né dell’uno né dell’altro; e, come commedia, con qualche piega alla Woody Allen, ci sta bene che trent’anni fa ne sia stata fatta una disinvolta sceneggiatura cinematografica. Ma l’esigente e più raffinato pubblico di teatro storce il naso con qualche ragione.
Per tutto questo, per la confusa indeterminatezza di una scrittura sottopelle, che non raggiunge mai più scoperti e nevralgici gangli dolenti, il testo è davvero fastidioso, se non inutile. Eppure, adesso, anche sulle tavole di palcoscenico, al Teatro San Babila (due ore abbondanti con un intervallo) offre l’occasione per una eccezionale mattatorialità di genere. Qui come nel film.
Benedicta Boccoli (in una bella gamma inerpretativa, tra lo stordito, lo stupore e l’intensità drammatica) s’è sobbarcata il peso di difendere e salvare questa commedia, che si era arenata, senza colpe, fra le secche di una sfortunata stagione, e l’ha portata ora in porto sicuro con un successo attoriale tutto meritato.
Unitamente a Fulvia Lorenzetti, Paola Bonesi, Cristina Fondi, più Marco Casazza e Leonardo Sbragia, grazie all’ardimentosa regia di Marco Mattolini, in una scheletrica scena (di Francesco Fassone) genialmente ridotta all’osso (come le paghe di attori e tecnici!), Benedicta Boccoli è riuscita nel miracolo di rendere gradevole e accettabile, plausibile e piacevole, questa commedia, nonostante le riserve del testo, in virtù della bravura e della scatenata simpatia delle interpreti (pur, qua e là, sopra le righe per eccesso di entusiasmo). Applausi finali per tutti in gioiosa partecipazione.

“Crimini del cuore”, di Beth Henley, con Benedicta Boccoli. Regia di Marco Mattolini. Teatro San Babila, Corso Venezia 2/A – Milano – Repliche fino a domenica 3 maggio.